Manuale di Social Media Marketing per Piccole e Medie Imprese
Fare Social Media Marketing è importante almeno quanto investire nella comunicazione tradizionale, se non di più. Sono oramai circa dieci anni che i Social Media sono entrati in modo dirompente nella vita aziendale. Però, a dire il vero non tutte le aziende sono pienamente coscienti del valore e della forza dei social anche per ambiti come il BtoB. Credo sia solo questione di tempo.
Al contempo una marea di blogger ha preso d’assalto il mondo della comunicazione, sono state introdotte le attività di rating, sono nati i siti di social curation, gli aggregatori di notizie, i portali specializzati nel crowdsourcing di recensioni su alberghi, hotel, ristoranti, prodotti ecc. ecc.
In un mondo così dinamico ciò che inizia a contare sono le RELAZIONI, non solo per il singolo quanto per l’azienda stessa. Ci troviamo a dover affrontare una realtà in cui ognuno può esprimere la propria opinione, ovunque e su qualunque cosa (molto spesso anche solo per il gusto di esprimere una valutazione negativa a scapito di un malcapitato imprenditore poco accorto).
Il meccanismo di scelta di un acquisto, inoltre, non è più lineare come un tempo. Il consumatore è sempre più multiscreen, multidevice, e questo sposta il famoso First Momenth of Truth (FMOT) a prima di trovarsi di fronte al prodotto del cliente, venendosi a creare il cosìddetto Zero Moment of Truth (cfr. Jim Lecinski del 2011).
Lo Zmot è il momento in cui prendi un dispositivo e inizi ad informarti su un prodotto o un servizio che stai pensando di acquistare.
Oltre il 70% delle persone guarda le recensioni prima di fare un acquisto. E’ il potere del WOMM (Word of Mouth Marketing). In parole povere mi fido più di quello che dicono gli altri potenziali acquirenti che di quello che mi racconta il venditore. Siamo praticamente in un’era di reciprocità e non più di comunicazione monodirezionale.
Se, quindi, siamo continuamente influenzati da ciò che percepiamo online sia in termini di risultati di ricerca, sia di feedback positivi e/o negativi di altri utenti come noi, è indispensabile intervenire in questo processo per inserire i nostri prodotti in modo consapevole e lungimirante.
Quanti sono gli utenti social in Italia?
Diamo un veloce sguardo agli utenti attivi sui social in Italia a dicembre 2015 (Fonte Juliusdesign.net)
Utenti Attivi / Registrati in Italia
Le fonti dei dati risalgono tra NOV/DIC 2015.
28 Milioni Utenti Attivi | via Vincos | |
YOUTUBE | 27 Milioni Utenti Attivi | via YouTube |
8 Milioni Utenti Registrati | via Twitter | |
TUMBLR | 8 Milioni Utenti Attivi | via Yhaoo |
SNAPCHAT | 256.000 Utenti Attivi | via Statista |
7 Milioni Utenti Registrati | via LinkedIn | |
8,4 Milioni Utenti Attivi | via Instagram | |
GOOGLE PLUS | 3,8 Milioni Utenti Attivi | via GlobalWebIndex |
1,4 Milioni Utenti Attivi | via PinterestItaly |
In base a questi dati si capisce benissimo che ci sono queste realtà web che, per un’azienda che vuole comunicare in modo consapevole, non possono essere ignorate. Soprattutto perché si ignorerebbe un vantaggio enorme che queste piattaforme digitali permettono: la profilazione e targetizzazione dell’utente.
In parole povere, questi portali e social network raccolgono tante e tali informazioni che diventa quasi puntuale la possibilità di intercettare il giusto destinatario per i messaggi pubblicitari.
Come pubblicare sui Social Network per generare engagement?
Passiamo alla pratica. Senza voler fare troppe disquisizione sul se e quale social scegliere, è bene capire COSA e COME usare questi social per ottenere un feedback positivo dalla propria audience (engagement).
Seguiamo quello che ci insegna Neil Patel, Co-fondatore di Crazyegg e di Hello Bar. (NOTA)
Innanzitutto bisogna comprendere alcuni punti importanti:
- Capire la psicologia che sta dietro il Social Sharing
- Come creare contenuto che attiva delle emozioni
- Rimuovere la frizione tra Condividere e Engagement
- Perché chiedere di condividere è importante
- Come utilizzare le immagini per avere più impression sui social
- Condividere il contenuto quando i lettori sono online
Ovviamente i risultati non sono immediati.. ma bisogna avere metodo anche per fare queste cose.
Non annoiamo i lettori!
La prima strategia da applicare per massimizzare il tasso di condivisioni social è quello di inserire i contenuti che possono interessare l’audience all’interno dei cosìdetti Social Locker, ossia dei pezzi di codice che non fanno vedere il contenuto finquando questo non è condiviso sui social network.
Semplice ed efficace.
Il problema vero è che non è un’attività che si può fare sempre. Può dare un successo immediato ma poi la totalità dei lettori probabilmente non leggerà più il contenuto seppure buono perché capisce il meccanismo di costrizione esistente dietro i social locker.
Capiamo la psicologia che sta dietro il social sharing
Ognuno di noi è il vero ed unico proprietario del feed di notizie che pubblica sui social, e questa è un’attività minuziosa che ognuno porta avanti per cesellare il profilo professionale e sociale che vuole trasmettere ai propri lettori. Per questo noi non potremmo mai obbligare gli altri a condividere.
Le persone condividono soprattutto per i seguenti motivi:
- Per arricchire la vita degli altri: il 94% delle persone che condivide pensa attentamente all’impatto che quello che pubblicano può avere sulla vita altrui
- Per definire se stessi: il 68% usa la condivisione per comunicare agli altri quello che li identifica e interessa
- Per fare network: il 73% usa il social share per fare aggregazione con persone con simili interessi e il 78% lo usa per rimanere in contatto con le persone del proprio network
- Per percepire un senso di obiettivo: il 69% condivide perché si sentono coinvolti nel fruire degli eventi
- Per supportare un brand o una causa: l’84% delle persone condivide con lo scopo di supportare una causa o una marca in cui credono.
E’ importante notare come da questi dati emerga che nella maggior parte dei casi emerge che la condivisione si basa più sulla propria persone che sul brand o sul servizio (solo l’ultimo caso)
Quindi il primo suggerimento è AIUTARE GLI ALTRI A CONNETTERSI
Come possiamo farlo?
Sicuramente ciò che pubblichiamo deve:
- Far sembrare gli altri intelligenti: per questo dobbiamo pubblicare articoli recenti nella nicchia di appartenenza
- Farli apparire utili: pubblicare contenuti che risolvono problemi
- Farli apparire interessanti: pubblicare contenuti che li faranno connettere con qualcuno di interessante
Il secondo suggerimento è creare fiducia per poi ricevere le condivisioni
Nessuno condivide qualcosa che può farlo sembrare inopportuno. Se appari come pressante e uniformato non avrai mai condivisioni. Per evitare ciò è indispensabile creare fiducia. Non è una cosa molto semplice ma è sempre importante supportare le proprie affermazioni, dare valore attraverso il contenuto informativo (presentazioni, white paper ecc.), dimostrare una competenza social, casomai introducendo testimonial o mostrando competenza in ciò che divulghi.
Suggerimento tre: falla semplice!
Il 50% delle condivisioni viene fatto da persone che hanno letto meno del 50% dell’articolo o del post come dimostra questa indagine.
E questo è il motivo per cui Facebook sta introducendo un nuovo algoritmo di visualizzazione delle notizie, proprio perché i like non sono sintomatici delle cose che davvero interessano. Quindi la maggiorparte delle persone decide di condividere in base al titolo e alla prima breve descrizione (DANNAZIONE!)
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Dobbiamo quindi generare emozioni
Nel libro “Marketing Contagioso” di Jonah Berger – Edizioni Il Sole 24 Ore, le reazioni emotive sono alla base del social sharing. Le storie positive hanno più probabilità di essere condivise rispetto a quelle a contenuto negativo. Come ben è evidenziato in un articolo dell’Harvard Business Review, le emozioni da attivare per generare social engagement sono:
- Curiosità
- Stupore
- Interesse
- Meravigla
- Incertezza
Il necessario è che sia quasi sempre un messaggio POSITIVO per generare condivisione.
- Per l’Interesse, ad esempio, bisogna considerare che ognuno ha la sua nicchia di argomenti interessanti e, sicuramente, se si ha l’obiettivo di sviluppare una propria azienda di servizi, si tenderà a condividere di più argomenti in linea con quelli che si vogliono sviluppare. Quindi bisogna pensare sempre a quali sono gli interessi del target della nostra comunicazione.
- Per la Curiosità, bisogna sviluppare dei titoli che stimolano la curiosità a leggere il contenuto. Ad esempio se il nostro target è quello dei designer, un titolo come “5 Suggerimenti per far emergere il tuo prodotto di design” sicuramente genera lettura e condivisione.
- Lo Stupore può essere generato sia dallo stesso titolo se ha una valenza eccezionale (Es. Come ho guadagnato 1000 follower con un articolo”) oppure dal contenuto stesso (Es. “L’unico manuale semplice per il Social Media Marketing per le Piccole e Medie Imprese”)
- Per l’incertezza e la Meraviglia è necessario creare un contenuto che desti questi sentimenti, sia celando la soluzione all’interno del contenuto (Es. Come ho incrementato il fatturato con poche semplici mosse tattiche), oppure generare incertezza con titoli come “Il tuo marketing sta fallendo e ti dico perché!”.
Importante in ogni caso è utilizzare delle parole che fanno “scattare” l’emozione desiderata (i cosiddetti trigger).
Come spiegato nel “Modello comportamentale” di Bj Fogg (http://www.behaviormodel.org/) , per azionare un comportamento è necessaria la convergenza di tre elementi nello stesso momento:
Motivazione, Abilità, Trigger..
Quindi per attivare la condivisione bisogna lavorare molto sul tema motivazionale (gli elementi che abbiamo analizzato prima, oltre a facilitarne l’azione (Easy to Do – facile da fare) oltre ad esplicitare il Trigger.
Per esplicitarlo bisogna indicare CHIARAMENTE l’azione da compiere. Noi diamo molto spesso per scontato che tutti capiscano che bisogna condividere, fare like, scaricare ecc.
Quindi non esitiamo a chiedere nei post e nei form web l’azione che noi vogliamo che l’utente compia. Deve essere chiara, evidente e distinta dal resto del contenuto. Questo permette di eliminare la frizione tra valenza del contenuto, social sharing e engagement.
Soprattutto su piattaforme social tipo Twitter, inoltre, è importante chiedere esplicitamente la condivisione.
Da un’analisi fatta da Dan Zarrella, contenuta nel suo webinar “The Science of Social Media”, chiedere esplicitamente di condividere (“Please ReTweet”) genera fino al 50% in più di condivisioni.
Questo significa che le Call to Action funzionano bene!
Inoltre altri metodi validi per generare visibilità e condivisione sono: inviare un mailing di aggiornamento agli iscritti alle newsletter qualora si pubblicano aggiornamenti sul proprio sito o, se non si vuole chiedere esplicitamente si può usare la “citazione” di twitter per ingaggiare qualcuno direttamente sul contenuto.
Come si cita qualcuno in twitter? Usando il simbolo “@” e il nome utente (es. @fluel_to)
Le immagini: un driver di successo nei post
Ricordiamo che siamo in un’epoca in cui i social sono inondati di informazioni e ognuno cerca di mettersi in risalto rispetto agli altri.
L’uso di immagini nei post diventa fondamentale per poter risaltare nello stream delle informazioni. Come risulta da questa infografica l’uso di immagini genera su FB il 104% in più di commenti. Anche un altro studio conferma che l’uso di immagini genera engagement superiore del 94%.
Se un’immagine vale 1000 parole allora una gif animata è un veicolo eccezionale per uno storytelling di successo come dimostrato in questo articolo http://marketeer.kapost.com/animated-gifs-belong-content-marketing-mix/.
Per rendere un’immagine più efficace è importante:
1- che non sia una stock image, ossia una di quelle liberamente disponibili e che tutti usano (eh si le riconoscono subito tutti)
2- che ci sia possibilmente una call to action anche sull’immagine stessa
3- l’immagine deve veicolare essa stessa un messaggio inerente a quello che il contenuto comunica.
Se non avete foto vostre a disposizione potete chiedere a noi o comprarle su siti come getty images o istockphoto.com.
Titoli brevi ed efficaci e che generano curiosità
Sembra strano ma i dati confermano che quando un titolo è breve è più efficace rispetto ad uno prolisso.
Ricordando sempre che non obbiamo annoiare i nostri utenti, è importante seguire queste regole.
Innanzitutto:
- Post brevi generano il 23% in più di condivisioni
- L’uso di emoticon aumenta del 33% l’ingaggio
- Quest ultimo aumenta soprattutto di giovedì e venerdì (ma il consiglio è sempre quello i analizzare i propri analytics e poi decidere)
- Porre domande genera il doppio di commenti, ma solo alcune domande sono più efficaci (es. Potreste o vorreste è meglio di Quali e Quanti, Chi, Come e Perchè)
- Il 35% di follower ama pagine in cui c’è un concorso a premi e il 42% ama i buoni sconto
Per generare la curiosità poi è molto valido questo esempio
Si pubblica online quando i lettori sono online
Anche questo è un errore che molti fanno: pubblicare quando si è liberi anziché quando la propria audience è online.
La prima cosa da fare è analizzare l’engagement attuale delle proprie fan page per trovare le “punte” di attenzione e quindi perseverare su queste. Ovviamente questo approccio sconta il difetto che, se abbiamo sempre sbagliato il timing, allora analizzare dati sbagliati fa arrivare comunque a decisioni sbagliate.
Per cui insieme a questi dobbiamo considerare eventualmente come e quanto comunicano i nostri competitor e come sono distribuiti nel tempo i loro post/tweet e che engagement generano. A questo punto possiamo trarre dele conclusioni un po’ più chiare e veritiere.
Per un’indicazione di massima qui c’è un’infografica molto eloquente. Più o meno vale il metodo “quanto più la gente non vuole essere al lavoro più sono su Facebook e Tweeter”.
Concludendo
Concludendo posso dire che il lavoro sui social media non è così banale come sembra e necessità di pianificazione e dedizione.
Quindi, e mi rivolgo soprattutto alle piccole e medie aziende che sottovalutano questi temi, ponete molta attenzione a ciò che fate perché sbagliare la comunicazione sui social media è uguale a quando sbagliamo comunicazione sui media tradizionali: sprechiamo tempo, soldi e casomai comunichiamo anche messaggi sbagliati.
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